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La camminata dello stercorario

L’altro giorno sulla strada sterrata verso casa ho notato una pallina rotolare. Due stercorari se la rotolavano andando chissà dove, in direzione del muro del cortile, in linea rigorosamente retta.

Dopo aver notato la perfetta sfericità della pallina e l’impegno di questi due esserini, pronti uno a fingersi morto all’arrivo del gatto lasciando l’altro fare il lavoro da solo, il mio primo pensiero riflessivo è stato “bhe, ognuno porta la sua” (ndr gli stercorari raccolgono e spostano palline di… 💩).

Considerando che poco prima avevo condiviso la fatica e la stanchezza della giornata con un’amica, la quale aveva condiviso altrettanta fatica, questo pensiero è atterrato anche a lei con un’accettazione assordante.

Mi colpisce sempre come dal microcosmo al macrocosmo riferimenti e distanze acquisiscano dimensioni tutte loro. Ecco perché quando, tempo dopo, ho trovato quei due e la loro pallina nel cortile, metri luce da dove li avevo avvistati inizialmente, sono rimasta colpita e affascinata. Ho letto poi che loro, la linea retta, continuano a tenerla; tuttavia tale direzione, all’occhio mio, non sembrava avere senso, essendo ora sul cemento e con il muro di casa a pochi passi. Tuttavia dal loro punto di vista, non credo potessero prevederlo.

Non nego di aver pensato di prenderli e spostarli, ma chi sono io per toglierli dalla loro missione e i loro riferimenti a me oscuri?

Fatto sta che ore dopo esco alla ricerca di due cagnolini dispersi nel vicinato e mi ritrovo di nuovo i due stercorari là dove li avevo visti la prima volta, sulla strada sterrata, gli stessi metri luce a ritroso, e dunque stavolta in direzione opposta, che ammetto in apparenza più promettente di quella iniziale.

Mi sono detta: “quanta strada inefficace fatta per ritrovarsi al punto di prima e da lì continuare”.

Non ho potuto fare a meno di pensare alle mie giornate piene, dove la produttività è parola d’ordine. E la sensazione di quei metri fatti mi sembrava quella di ore buttate vie senza veramente concludere nulla.

Eppure, quei due se la continuavano serafici e perseveranti, senza dare segno di cedere o di avere sensi di colpa né di lamentarsi in alcun modo (ndr non sono una bug whisperer!).

L’altro giorno mi chiedevo cosa ci avesse lasciato la pandemia, un po’ rattristata dalla percezione che tempo e lavoro abbiano ritrovato i loro antichi ritmi frenetici con l’aggiunta di un’accumulata stanchezza generale. Produttività, efficienza, velocità sono le prime caratteristiche dominanti che mi vengono istintive se penso al mondo di oggi. Abbiamo perso il senso del tempo del fare, dello spostarci, dell’arrivare e con lui anche il valore delle pause, del tempo “perso”, non in pigrizia, ma in necessità di sopravvivenza, di rendere le cose possibili, tutto a discapito della salute, le relazioni, il cliente che va soddisfatto prima possibile, gli animali, i tempi naturali di rigenerazione…

Dovremmo farcela tutti ogni tanto la camminata dello stercorario.

Di palline di cacca (e non solo) ne abbiamo da rotolare tutti.

È davvero tempo perso rotolare e rotolare ancora verso mete improbabili per poi cambiare rotta, anche se significa ripassare dal via?

Comments (2)

  1. Giorni fa mi sono ritrovata a riguardare un po’ i miei valori, anche quelli che ci sono ma un po’ contro la mia volontà, e cavolo, l’efficienza era proprio lì, in prima fila!
    E dire che è un valore così stupido, ammettiamolo 🙁
    Ma forse è semplicemente un valore … facile.
    Basta fare di più, più velocemente, più quantià, più metri luce … senza stare a guardare a quella che è la meta, il significato, il senso …
    Sì, mi sa proprio che l’efficienza è un valore “pigro”: di quelli facili da soddisfare, che non richiedono quelle cose faticose, tipo mettersi in discussione, andare nel disconfort, cercarsi veramente.

    1. Tralasciando la mia lentezza nel rispondere (anche le notifiche via mail sono in overload), che non rispecchia la velocità richiesta dal web e, tu mi conosci, ma me ne scuso, salto a dirti quanto amo il modo così schietto e limpido con cui rendi così lampante e in modo disarmante quello che rende l’efficienza e la produttività degli elementi facili su cui contare. “Pigri” non potrebbe essere termine più azzeccato e me ne rendo conto per la fatica che sento – a volte di più a volte di meno – nel mettere in campo gli altri per giocare una partita che conta e che dia soddisfazione davvero. Ho bisogno di digerire questa ‘pigrizia’. Grazie per non essere non solo banale ma illuminante!

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